Nel digitale e nel ‘reale’ c’è la vita. Tra il digitale e il ‘reale’ c’è il desiderio, che a volte è bisogno e necessità, di fare un passaggio, di trasportare e trasportarsi su un piano diverso, sempre di vita, ma diverso. Come? Decidendo di incontrarsi. Ma non sempre tutto scorre in modo fluido.
Fissare un incontro, o così pare per lo meno
Tra il digitale e il ‘reale’ c’è qualcuno che a un certo punto scrive:
Ma sai che mi piacerebbe approfondire questa conoscenza dal vivo, quando sarà possibile?
e un’altra che replica:
Vediamoci!
Uno scambio di battute per la serie:
Ma davvero?
Ma come davvero, la domanda giusta è: quando?
È che sono rimasto spiazzato, non me l’aspettavo. Certo, quando?
Be’, senza fretta, un weekend magari, quando possiamo.
Tra il digitale e il ‘reale’ c’è il decidere il giorno per vedersi, il concordare una data, un luogo, approssimare un orario. Tra il digitale e il ‘reale’ c’è, o ci dovrebbe essere, il pensiero di vedersi, nel giorno e nell’orario concordati, il prepararsi mentalmente, ma non troppo, a quello che succederà o che potrebbe succedere.
Aspettative prima dell’incontro? Meglio di no, però…
Farsi un film? A volte. Ne parlo anche in Appuntamento a buio, cosa ci su può aspettare.
Tra il digitale e il ‘reale’ a volte c’è il farsi un film, nel senso che tu ti sei presa la data e ti sei organizzata per essere libera in quel giorno e in quell’orario. Hai pensato a come organizzare quel pomeriggio insieme, non a cosa dire, che poi le cose vengono da sé, se devono venire, ma a come avresti potuto essere pronta dopo così tanti mesi senza un appuntamento.
Sarà come andare in bicicletta sì, però, ecco, le pedalate iniziali potrebbero essere un po’ faticose, potrebbero farti sentire un po’ incerta, traballante, prima di prendere la mano e andare.
Ti dici che si va, che lo hai già fatto molte volte, che sai come vanno questi appuntamenti al buio, che sai cosa ti puoi aspettare, che sai che anche se andrà male la saprai gestire. Che potrebbe andare male in modi diversi, e che in ogni caso la saprai gestire, e metabolizzare.
Ti dici pure che è sempre un bene provare, rimettersi sul sellino, tentare di stare in equilibrio, un nuovo equilibrio, e andare, da qualche parte, ma andare, smettere di stare ferma, impantanata da paure e pandemie. Lo so, l’ho già scritto anche in Storia di un appuntamento da evitare, o forse no?.
Ah, avevamo preso un appuntamento?
Oh, ma non serve a nulla pensare. Perché mentre tu pensi, organizzi, metti in agenda, credi a quello che dici, credi a quello che ti viene detto, il tuo interlocutore non lo fa. Scrive, chatta, chiede, osserva, tutti i giorni, incessante. Ma di quella data, di quell’appuntamento preso se ne fotte.
In che senso?
Nel senso che arriva il giorno dell’appuntamento e fino a tre ore prima fa finta di nulla. A domanda diretta risponde:
Ah, ma non mi avevi confermato. Non volevo farti sentire pressata! Ora ho preso altri impegni…
Non serve a nulla ricordare al giovane affetto da Alzheimer fulminante e precoce che avevamo discusso sull’orario e persino sulle calzature da indossare per quella camminata, delle “antiestetiche scarpe da ginnastica”. Già da questo dovevo capire molto.
Non serve a nulla consigliare asap una visita dal neurologo.
Non serve a nulla raccogliere scuse e giustificazioni.
Non serve nulla più.
La situazione è chiara, lampante, nuda, denudata.
Non servono scuse, parole, posizioni, rimorsi, rancori.
La verità è che non gli piaci abbastanza, di nuovo, pure qui (leggasi Anche in chat, la verità è che non gli piaci abbastanza). Se gli fossi piaciuta abbastanza si sarebbe segnato con il pennarello indelebile la data sull’agenda, se la sarebbe tatuata sul dorso della mano, avrebbe attaccato post-it su post-it con la calce sullo sportello del frigo, avrebbe messo una sveglia con suoneria dedicata su cellulare. E quella suoneria sarebbe stata “Nothing else matters” dei Metallica (vabbè dai, mi sto allargando).
Se gli fossi piaciuta abbastanza e non fosse stato sicuro dell’appuntamento lo avrebbe chiesto, se ero sicura di vederlo: avremmo condiviso di nuovo volontà, interesse e dettagli logistici.
Se gli fossi piaciuta abbastanza non avrebbe aspettato certo che glielo ricordassi io, quel fantomatico incontro. Non ce ne sarebbe stato bisogno.
Tutto molto semplice, senza bisogno di girarci troppo attorno, accettare scuse o anche solo ipotizzare di fissare un’altra data. Una volta che capisci che hai perso tempo, non ne vuoi perdere una goccia di più. Soprattutto a 40 anni.
L’unica soluzione per me (no, non imitatemi!)
In questi casi per me c’è solo una soluzione possibile, di fronte alla cialtronaggine posso rispondere in un solo modo: sparendo. Non mi avrai più, un solo secondo del mio tempo perso ad ascoltare le storie di chi si racconta storie (no, il mio blog non si chiama “Storie da chat”, avete letto male) non me lo restituisce nessuno.
Non so cosa mi perdo, non credo troppo in ogni caso.
Non imitatemi, il ghosting fa male (per un approfondimento sul ghosting lascio Persone che fanno ghosting, ecco perché, Chi di ghosting ferisce, di ghosting perisce, Oltre il ghosting, ovvero l’arte di lasciare andare).
Non imitatemi, non sono un esempio di correttezza, probabilmente.
Mi proteggo come posso, come so: la cialtronaggine la conosco bene, e so che è recidiva. Mai vorrei che una di queste persone si voltasse indietro e mi vedesse ancora lì: non ci sono più, dedicatevi alle altre o meglio ancora, a voi stessi.
Tirarsi indietro prima di un appuntamento: perché?
Questo fenomeno del tirarsi indietro prima di un appuntamento c’è sempre stato, a me è capitato di subirlo ben più di una volta.
Non è mai un buon segno.
I motivi per cui capita, per quello che posso capire, possono essere diversi, ma non sono mai indice di una situazione positiva.
Perché tirarsi indietro dopo avere fissato un appuntamento via chat?
- Perché ci si rende conto che l’altra persona non piace più di tanto per giustificare lo sbattimento di un’uscita, magari non sotto casa
- Perché non si è liberi e ci si pente all’ultimo di avere portato avanti una situazione su dating app
- Perché da quanto ci si è accordati per l’appuntamento alla data dell’incontro sono emerse altre situazioni e altre persone di maggiore interesse
- Perché effettivamente si hanno troppe cose per la testa e ci si è dimenticati dell’incontro (ci dimenticheremmo di incontrare qualcuno che ci prende particolarmente, di qualcuno che non vediamo l’ora di vedere?)
- Perché in fin dei conti si è sulle chat per passatempo
- Perché piace tastare il terreno, suscitare e soppesare reazioni, ma non concludere
- Perché si è presi da qualcun* altr* (la scopamica, l’amica del cuore, la collega sposata, la conoscente che sembra irraggiungibile)
- Perché non si sa cosa si vuole, o forse non si vuole nulla
Vogliamo concisione, brevità, chiarezza? La verità è che non gli piaci abbastanza. Non abbastanza per superare ciascuno di questi limiti.
Vi vengono in mente altri motivi?
Mi potreste dire che poi effettivamente le cose si vedono dal vivo come vanno, indipendentemente dalle premesse, che a volte occorre avere pazienza e dare una chance in più alle persone. Che un solo evento cialtrone, non fa di una persona una cialtrona. Avreste ragione.
Ma tutte le volte che mi è capitato questo rifiuto last second o questa finta dimenticanza ho ricevuto una sensazione così netta, definita e fisica di disinteresse che non ho potuto fare a meno di sparire. Tanto per quella persona non ci sono mai stata davvero.
Il blocco tra digitale e reale: i dati di Tinder
Da alcuni dati di Tinder (circa 66 milioni gli iscritti nel mondo), sembra che questo fenomeno si sia acuito dopo la pandemia. Leggo in un approfondimento di Corriere della Sera:
Durante i mesi del lockdown prima e con l’incertezza delle riaperture poi, le principali app di dating hanno visto i loro numeri lievitare. Tinder in primis: ogni iscritto ha visto i match aumentare del 42%, il numero delle chat è cresciuto del 19% ed è aumentata anche la lunghezza delle conversazioni (+32%).
Il dating post-pandemia si blocca spesso però tra la conoscenza via chat e la possibilità di un incontro dal vivo.
Succede, come rivela lo studio di Tinder, Future of dating, soprattutto ai giovani della Generazione Z, cioè tra i 18 e i 25 anni. Il 40% si iscrive a Tinder per conoscere nuove persone. Ma sempre il 40% non fa quel passo in più e anzi, nel momento di organizzare un incontro dal vivo, si tira indietro.
Ecco allora, né io né il tipo di cui ho raccontato sopra facciamo certo parte della GenZ. Entrambi veniamo da oltre un anno di pandemia vissuta con spirito e in condizioni sicuramente diverse.
Io ci avrei provato a uscire, in tutti i sensi, uscire da questo secondo lockdown. Uscire dalla pigrizia sociale, uscire dalla solitudine di chi passa le giornate al pc per lavoro o per diletto. Uscire di nuovo un po’ dal guscio.
Lui no. Non con me sicuramente.
Effetto pandemia? Voi che ne dite?
Fatemi sapere come la pensate, e se anche voi avete vissuto qualcosa di simile! Qui sotto, via mail raccontami@storiedachat.it, sul canale Telegram Raccontami Storie da Chat o sulla pagina facebook @StoriedaChat. Vi aspetto, a presto!