Premetto che non è mia intenzione svelare l’identità di Batman. O meno che mai quella di Robin. È una rassicurazione questa, che arrivi dove deve arrivare. Ma ho una storia che mi ronza in testa. E se non la scrivo continuerà a ronzare, sempre più forte. Peggio di quelle zanzare che nelle calde notti d’estate desiderano farti sapere con anticipo che stanno per pasteggiare con il tuo sangue.
Questa è la storia della chat con Glauco.
PARTE 1
B: Dimmi di più, di questa sparizione di ragni senza spargimento di sangue. Voglio carpire la tua tecnica…
Il mio messaggio di apertura si riferisce ad alcune misteriose qualità decantate nella bio del nostro.
G: Ahahhaa, la tecnica è semplice, ma devi agire con velocità estrema, se non vuoi che ti si ficchino dentro la manica. Il necessario per la riuscita del piano: foglio di carta, due strappi di scottex, sangue freddo, e la sopra citata velocità. Step 1: fai camminare il ragnetto sul foglio. Step 2: lo copri delicatamente con lo scottex. Step 3: ti appropinqui più velocemente che puoi alla finestra/porta più vicina. Step 4: rimuovi scottex e liberi il ragnetto. Easy peasy
B: Sembra semplice, ma c’è un elemento di rischio da non sottovalutare, a quel che mi dici. Non vorrei mai che mi si ficcasse nella manica. Comunque tenterò questa strada la prossima volta che ne incrocerò uno… Appena vedo un ragno mi denudo, onde evitare mi si infili nella manica, e lo catturo. Così evito ogni rischio.
G: Ahahahahah, nudi e crudi style, mica male come mossa.
B: L’importante è evitare spargimenti di sangue.
G: Su questo non posso che concordare… Gli unici animali per i quali non ho pietà sono le zanzare… Non ce la faccio, troppo arroganti!
B: Bè, in quel caso si tratta quasi di un mors tua vita mea. A me divorano proprio: devo difendermi, anche uccidendo. Non che ne vada fiera.
G: Eh pure a me, ma non è tanto la puntura che mi dà fastidio, ma quando ti ronzano di fianco all’orecchio… Ma dico io: mordimi, succhia il succhiabile, fallo in silenzio, contenti tutti. No, ti deve pure svegliare… e allora te la cerchi.
B: Ahahhhha succhia in silenzio?!? Non voglio finire dissanguata. Nononoono devono stare mooolto lontane. Ma tu offriti pure come donatore di sangue. Io a questo punto vado all’Avis.
G: Esco a farmi un giro in bici. Ti auguro una buona serata, possibilmente senza zanzare!
PARTE 2
G: Ho mangiato un po’ di zanzare, se può interessare.
B: Ogni modo è buono per ammazzarle. Sei molto proattivo.
G: Cerco di rendere il mondo un posto migliore.
B: Il mondo ti ringrazierà. In un modo o nell’altro. Magari lo sta già facendo…
G: Se lo sta facendo, allora spero lo faccia nell’altro modo.
B: Pensavo che il servizio che rendi fosse meglio ripagato. E invece no. Mondo ingrato.
G: Meriterei Nobel, Oscar e Telegatto… invece nada. Mondo infame.
B: Bè anche tu però… Ti immagini sommerso da premi. Dovresti mangiarti tutte le zanzare d’Italia almeno, se non oltre, visto il Nobel…
G: Ho anche la coccarda dei lupetti.
B: Immagino tutte le mensole di casa tua… per supportare sto ben di dio…
G: Non hai idea…
B: Stai attento a non battere la testa.
G: Nessun problema, vivo sul pianerottolo per lasciar spazio ai premi.
B: Ahahhhaaa ti sei accampato lì? E i premi reclusi in casa tutti soli?
G: Pago una signora che una volta a settimana entra a pulire e fa loro compagnia. Canta canzoni, racconta storie, legge i giornali. Tenda quechua, fornelletto e doccia in piscina… top.
B: Una vita all’avventura, come se fossi in campeggio, cullato dal dolce russare della vicina. E i premi lì belli, lustri e maestosi a casa. È un’opzione.
G: Chiamami scemo… No, seriamente, sono scemo, chiamami pure così.
B: Non mi permetterei mai. Anzi, hai uno stile di vita che potrei ammirare.
G: Modestamente, Ghandi e Dalai Lama spostatevi.
B: Ma chi sono?
G: Dilettanti.
B: Allo sbaraglio proprio.
G: Poveracci.
B: Ma diglielo! Cosa siete, senza una casa piena di coccarde?
G: Appena li vedo glielo sbatto in faccia.
B: Quale uomo si farebbe da parte come te per dare spazio al valore della coccarda? Cose che gli altri manco si sognano…
Non importa di chi o cosa mi parli, di ragni, zanzare, pantegane, coccarde.
Se riesci, anche solo per un momento, a portarmi in un posto diverso dal mio hic et nunc, dalla scrivania in cui sto seduta ore e ore al giorno.
Se anche solo per qualche minuto stiamo insieme in un luogo altro, diverso, in uno spazio e un tempo costruito da quello che siamo o vogliamo essere, da quello che scriviamo e vogliamo scrivere.
Allora hai vinto. Chi riesce a farmi giocare ha vinto. Chi mi porta via da me ha vinto.
E non importa se tra due, tre, quattro settimane, un anno manco mi ricorderò di cosa avevamo parlato. Non è quello l’essenziale. Mi ricorderò di come mi sentivo mentre ne scrivevamo. Un po’ leggera.
Ne parlo anche in “Giocando in chat, si flirta e si impara”.
Hai vinto, quindi, Glauco. Ma il premio non te lo sei voluto portare via. Forse ero troppo pesante per una delle tue mensole?
Con Glauco si è giocato, vero, ma flirtato ben poco, per usare un termine molto d’uso negli anni Ottanta. Il nostro Robin, stando a quello che mi ha raccontato, reduce da una relazione difficile e poco propenso ad appuntamenti al buio e frequentazioni varie, mentre scherzava con me, ne intavolava una, di frequentazione, con altra tizia incrociata su Tinder. Mica male per uno troppo rotto dentro. Io d’altro canto troppo orgogliosa dentro per fare la confidente e la giullare di scorta di qualcuno che mi ha incuriosito e che fa il drago con le altre, ma con me non sputa fuoco.
Sta di fatto che poche altre volte, come in questo caso, mi è spiaciuto mettere in pratica con solerzia l’arte nella quale sono vera Jedi: quella di lasciare andare. O forse potrei dire meglio, in modo più brutale e veritiero: l’arte dell’annulla la compatibilità (che mi aiuta a lasciare andare).
Ma è sempre vero che: chi si è visto si è visto?
♠ In copertina: “Batman Forever”, Joel Schumacher, 1995.