QUANDO LA STREGA RESTÒ STREGATA. INCONTRO CON RICCARDO

Era l’autunno del 2019, avevo 39 anni, mi presentavo ancora come Betta, come mi chiamavano i compagni a scuola, e non mi dispiaceva affatto. Questo era prima che stabilissi che l’Amore non sarebbe mai riuscito a scovarmi (mi ero nascosta talmente bene). Prima di cancellarmi per la vettordicesima volta da Tinder. Quando ancora credevo ci potessero essere uno o più uomini adatti a me. E soprattutto quando mai avrei pensato che al mondo potesse attrarmi un uomo over 40.

(Chi indovina quale incipit di film CULT ho parafrasato vince un appuntamento con l’uomo in questione). 

In quel momento conobbi Riccardo, 45 anni, quasi 46. Uno di quelli che si presenta nella bio solo con la professione (art director). Uno che dal vivo è un figo da paura, ma posta foto con sfondi improbabili (maniglie delle porte, auto parcheggiate sui cigli delle strade, balaustre) e magliette della salute in bella vista. Che ogni volta che sorride ti si spegne una sinapsi, se no c’è troppa luce. Sul pezzo h 24, tanto da usare con maestria le tecniche di marketing apprese per lavoro pure per mandarti messaggi su Tinder. Uno che per fare soldi vende aria fritta e nel tempo libero il fumo del fritto te lo getta a palate, dritto negli occhi.

Affabulatore, ammaliatore, incantatore.

Non credo in molte cose, tanto da avere fatto dello scettiscismo cosmico una tra le mie ragioni di vita. Tra le tante, non credo ad accorate richieste di incontri dopo pochi messaggi. Ma vediamo con ordine le tecniche di marketing messe in atto dal nostro. Potremmo chiamarla seduzione, ma meglio non guardare troppo in alto in questi casi.

  • Tecnica numero 1: Brand positioning, brand awareness

Mi faccio conoscere, ti faccio capire chi sono.

Sono alle prese con un attore famoso che non vuole partecipare alla campagna che ho creato… Uno che stava nella serie televisiva “Il giovane Moltalbano”, di più non posso dire.

Poeta, art director, ha a che fare per lavoro con gente conosciuta (non da me, ma da molti). Ti rende noto il contesto in cui si muove. Molto oltre gli agresti paesaggi paesani in cui mi dimeno come un maialino nel fango. Ma tant’è, alla terra torneremo tutti.

  • Tecnica numero 2: Inbound marketing

Ti attiro a me, perché ho capito quali potrebbero essere i tuoi punti deboli.

Se mi dici

Che begli occhi che hai

stai certo che mi irrigidisco.

Se mi scrivi

Oltre a un fascino indiscusso, ne hai uno più sottile che deriva dal modo in cui usi le parole

oppure

Adoro la tua sottile ironia

mi sciolgo. Come neve al Sole (cit.).

Perché non hai un programma in televisione? Io ti seguirei.

Ecco, io non ce l’ho perché sono lunare, malinconica, tendenzialmente misantropa. Hai presente Daria? Ah lei però ce l’ha il programma effettivamente… Ma io no, e non lo vorrei neanche. Qui fai un errore, Edoardo, di valutare le persone sulla base di standard apprezzati dai più, socialmente validi.

Ci sono persone che si muovono su binari fluidi, extra-ordinari, e alle quali non si possono applicare gli stessi criteri. Ci sono persone cui non frega una cippa se hai un attico in City Life, se conosci un attore di una serie tv, di avere un seguito mainstream. Ci sono persone che non si divertono alle feste incasinate di musica alta e risate fragorose. Ci sono persone le cui vite non falliscono se guardano e non agiscono. Perché consapevolezza e visione sono vita a un livello più elevato. Sono vita che i più non si possono permettere (p.s. lo so, sembra folle, ma sto pensando a Leopardi, un tema di cui proprio con Riccardo avevamo discusso, con punti di vista diversi. Giacomo ti amo , te lo scrivo pure qui, ti arriverà?).

  • Tecnica numero 3: Non basta esserci, bisogna essere costanti. Incessantismo, lo chiama Marco Montemagno

In due modi: ti scrivo tutti i giorni, più volte al giorno. Ti faccio capire che ti ho inserito nella mia routine giornaliera (in questi giorni ci sei tu, poi spazio alle altre chiaramente, ma questo lo sappiamo tutte).

Se mi scrivi, ti rispondo subito o quasi subito, perché mi interessa farti capire che ci sono, e che i tuoi messaggi non vanno a finire nel vento e nell’acqua che scorre (in vento et rapida scribere oportet aqua, scriveva qualcuno). Non solo ti faccio capire che ci sono, che sono qui, ma ti aspetto e ti ascolto.

Ora devo lavorare un po’.

Allora a dopo.

Ho ricevuto due brutte notizie. Mi ripiglio e poi ti rispondo.

Sono qui, quando vuoi.

  • Tecnica numero 4: Questa la chiamerei tentativo palese di abbindolamento, non trovo altri termini più pertinenti al momento. 

Le mie parole sono in buone mani, se le invio a te.

Io mi strafido di te.

Ahbbbello, ma ci siamo scambiati cinque messaggi. Ma chi ti conosce? Ora vorresti dire che mi affideresti pure il tuo conto in banca? Che posso portare a scuola i tuoi figli? Oppure mi pigli per il culo?

  • Tecnica numero 5: Convertire, centrare l’obiettivo della campagna

Sai, io non vedo l’ora di incontrarti, se sarà possibile.

Scritto dopo una manciata di messaggi è davvero poco, poco credibile. Ma rende chiaro lo scopo. Non mi basterà scriverti, sono qui per andare oltre. Te lo dico subito (p.s. naturalmente l’incontro è necessario e fondamentale in un processo di conoscenza, qui mi facevano strane le modalità e l’urgenza).

  • Tecnica numero 6: Urgency

Prima bidonare un incontro, poi chiederne imperiosamente un altro, innestando un certo senso di urgenza.

La tua nuova foto è ancora più bella. Ti voglio vedere, Betta. Ti lascio un bacio, rispondi. Per favore.

Ecco in quel per favore dopo il punto ci sta proprio tutto.

Il mio romanticismo è relativo. Gli zuccheri li evito. Il diabete lo scanso. Questo messaggio mi ispira sentimenti contrastanti. Da una parte mi si scioglie qualcosa in mezzo alla pancia. Dall’altra parte ho un senso fortissimo di nausea.

A messaggio nauseabondo non si può che rispondere con messaggio altrettanto nauseabondo. Federico Moccia style. Non me ne voglia (3msc molto carino!).

Ciao, bel micione! Anche le tue foto sono molto sexy. Per vederci è sisisisisiiisssi. Non vedo l’ora!

Chiunque mi conosce avrebbe compreso essere un palese scherzo. Ma con le parole si può essere chi si vuole, anche fingersi un po’ Moana, per qualche ora. Ti rendo pan per focaccia.

  • Tecnica numero 7: Hype, creare attesa, aspettativa prima di un incontro.

Solo per dirti: che bello che ci vediamo tra poco.

È la stessa cosa che penso anche io. Ma non la dico. Meglio non creare troppa hype.

Ecco, nel mio caso crei solo ansia e angoscia, altro che hype.

Tutto questo lo definisco tanto, troppo fumo negli occhi. Troppo, ma davvero tanto. Quanto più bello un messaggio sentito, che nasce dopo una conoscenza reale e non buttato lì tanto per ottenere un effetto, quando ancora non sai chi ci sta dall’altra parte.

Un messaggio che sento io, prima che lo senta il mio destinatario. Per fare questo ci vuole forse un po’ più di verità, di aderenza a sé stessi, di tentativo di aderenza all’altro.

Quello che succede con Riccardo è che ci colpiamo. In modi diversi, ma con la stessa arma. Le parole.

Io che rimango soggiogata dalle sue, che mi oppongo alla loro malia, ma non ce la faccio fino in fondo. Così memore dei miei 18 anni e del mio primer amor per un poeta.

Lui che dal vivo si aspetta un’altra, leggendo le mie: più sicura, più leggera, più disinibita. E invece, quando ci vediamo, di me si ritrova davanti il disagio. Che sono io, ma non tutta me. Cosa succeda di lì alle successive ore dopo il nostro incontro, mi è poco chiaro. Mi cala la nebbia in testa. L’unica cosa che sento è una sensazione sgradevole e la voglia di scappare.

No, non è una bella serata. Mi sono sentita imbrigliata, offuscata, trattenuta, per tutta sera. Poco libera di essere quella che sono. Denudata di parole, pensieri, riflessioni, vita, delle sovrastrutture culturali che mi coprono meglio di qualsiasi vestito d’alta moda. Colpa mia sicuramente. Tutto quello che mi si era sciolto in mezzo alla pancia, è rimasto lì, a diventare macigno. Non si è trasformato in nulla di vivo, non sono riuscita a trasformarlo in nulla di fresco.

Potrei dire Ad maiora, ma non sarei sincera. Perché le parole che mi ha ispirato Riccardo (vuoi solo quella poesia, e non d’amore, che non scrivevo da tempo) era tanto che qualcuno non me le ispirava.

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Veniamo a noi… Volete altre info su come è andato il primo incontro con Riccardo? Leggete fino in fondo Appuntamento al buio, cosa ci si può aspettare.

Chi ci ha capito qualcosa di questo racconto? Io mi autodenuncio: non ci ho ancora capito molto.
Chi ha indovinato il film cult di cui ho cercato di parafrasare l’attacco?

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A presto!

♠ In copertina: “Maleficent”, Robert Stromberg, 2014

  • Categoria dell'articolo:Racconti
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