DI MICHELE O DELLA LETTURA DI SOGNI (E DETTAGLI)

Tre notti fa ho sognato Michele.

Quando sono indecisa su che fare, su quale strada prendere, interrogo i sogni. Una pratica che ho intrapreso una ventina di anni fa, con soddisfazioni alterne. A volte i sogni parlano, in modo molto netto, definitivo. A volte i sogni tacciono, oppure parlano senza emettere suoni. Non li rammento al mattino, non ne rimane traccia nella mente, non ne ho sensazione. Sono passati, ma non hanno lasciato il segno. Come non li avessi fatti.

Interrogo i sogni per risolvere patemi sentimentali principalmente, ma non solo. 

Qualcosa di onirico sta per accadere

Ora, forse siete curios* di sapere in che modo interroghi i sogni. Bene, lessi di questa tecnica quasi vent’anni orsono su una rivista di dubbia fama, e decisi di adottarla immantinente. C’è un problema che ti assilla? Un dubbio amletico che sembra di stare in procinto di risolvere un Bartezzaghi a penna, ma poi no, manca sempre una lettera o due? Ce l’hai sulla punta della lingua ma proprio non esce, non lo afferri? In fondo lo sai. E i sogni te lo mostreranno.

Dunque, la tecnica.

L’annosa situazione ronza per la testa. La sera prima di coricarti ci pensi, magari anche con un certo tormento. Ti concentri sul problema e poni un’unica domanda secca. La scrivi su un foglio, lo ripieghi e riponi sotto il cuscino. Ti sdrai e liberi la mente (importante!), accogli Morfeo e vedi la mattina se i sogni avranno avuto voglia di parlare.

Ora, io non ho alcuna pretesa di sapere nulla o di dare consigli come professionista della lettura dei sogni o onirico-terapista (neologismo, credo, perdonate). Ma, quando parlano i sogni, è la nostra stessa mente che risponde, utilizzando storie, intuizioni, connessioni e immagini come linguaggio

Perché nella maggior parte dei casi le risorse e le risposte sono dentro di noi, basta risvegliarle, o trovare il modo di accedervi.

Disclaimer, necessario.

Dall’illusione alla delusione, in un sogno

Torniamo a noi. Tre notti fa ho sognato Michele. Non abuserò del vostro tempo, cercando di riassumere qui chi sia Michele, basta fare una ricerca sul blog, utilizzando l’apposito campo di ricerca, e troverete quei 4 o 5 risultati che vi sapranno illuminare a grandi linee su questo grandioso, immenso, epico co-protagonista del blog (alert: utilizzo contemporaneo di ironia, enfasi, iperbole).

Ho sognato Michele dopo che tre sere prima avevo interrogato i sogni. Su un altro.Cosa devo fare con Luca?”, mi sono domandata. E i sogni in qualche modo hanno parlato. Tre notti dopo, tre notti fa.

Michele nel sogno veniva a trovarmi a casa dei miei, io vivevo ancora lì. Alcuni suoi amici girovagavano nel cortile. Nel nostro garage, molto più simile a quell’officina metalmeccanica che mio papà ha sempre pensato che fosse, ci baciavamo, io avevo ancora voglia di stare con lui. Subito dopo, scoprivo che, oltre che alla ricerca scientifica di altissimo livello negli Stati Uniti, si era dato alla realizzazione come produttore e protagonista di filmati porno gay amatoriali. La scena cambia: sto in una redazione. Alcune mie colleghe giornaliste vedono Michele, vengono a conoscenza di quei filmati porno, commentano: “Be’ avevo capito subito potesse essere omosessuale”. E io penso. “Avevo ancora un sacco voglia di baciarlo, non me ne sono mai resa conto”.

Ecco, al di là della storia e del fatto che si possa capire l’orientamento sessuale di una persona solo per come si propone (è un sogno e non è questo il punto) non me ne sono mai resa conto è la risposta. Il passaggio dall’illusione alla delusione. Dall’infatuazione cieca alla realtà mesta, ma con oltre dieci diottrie.

La stessa situazione in cui sto con Luca. Perché Michele lo avevo idealizzato, lo pensavo un concentrato di purezza e ingenuità, di studiosità e serietà. E invece no. Era molto di più, anche molto di diverso.

Qui arrivo al punto che può riguardare anche i meccanismi di conoscenza via chat. Perché l’infatuazione ci sta, l’immaginazione nelle prime fasi della conoscenza galoppa, ci porta a idealizzare l’altra persona, soprattutto se conosciuta online.

Scrivono Tonino Cantelmi e Valeria Carpino in Amore tecnoloquido. L’evoluzione dei rapporti interpersonali tra social, cybersex e intelligenza artificiale (libro che consiglio per avere una spolverata generale sui temi e avviare qualche prima riflessione):

Fantasticare sull’altro vuol dire proiettare nell’immagine che viene costruita tutta una serie di desiderata che potrebbero non essere reali e questo può portare a una profonda delusione quando, conosciutolo di persona, si discosti totalmente dall’immagine precedentemente creata.

È quando ci rendiamo conto di chi abbiamo di fronte (dopo un primo, secondo o terzo incontro o dopo una vita) che dobbiamo scegliere se ci va bene così, se quella persona la accettiamo anche non ideale, magari piena di difetti, come siamo tutt*, oppure basta. Non ce la si fa.

Io poi ho un debole per i cosiddetti bravi ragazzi, quelli anche un po’ sfigati secondo lo strampalato sentire comune, quelli che percepisco come fuori dal coro, con la testa in un mondo loro, onesti, puri, trasparenti, affidabili anche, a modo loro. Oppure quelli cui attribuisco queste caratteristiche, ma che poi di fatto non lo sono. Sono comuni mortali. Forse anche più stronzi degli altri.

Dall’illusione alla delusione, in un dettaglio

eyes wide shut
A volte è meglio continuare a dormire? (da “Eyes wide shut”, Stanley Kubrick, 1999)

 

Come togliere il velo dell’inconsapevolezza alle nostre conoscenze, sempre che si abbia voglia di farlo? Semplice, prestando la massima attenzione e acuendo la sensibilità per i dettagli, per i particolari. Dettagli, sì, piccolezze, cose che scappano di bocca, sfuggono tra le dita, inconsapevoli eppure… così pregne di significato.

Adesso vi racconto il pregresso che serve a capire meglio come interpretare il sogno.

È il 20xx, sto rientrando in Italia da una vacanza a Valencia con un’amica. Per giorni con Michele, conosciuto su Adottaunragazzo e già incontrato prima di partire, ci siamo scritti in maniera fitta, sintomatica di un interesse (o per lo meno così ritenevo) che avrebbe dovuto sfociare in un weekend a casa mia. Torno da Valencia e ho la febbre, torno da Valencia e mi dico. “Ok, ti piace, ma hai davvero capito chi hai di fronte?”. Torno da Valencia e faccio quello che non avevo fatto prima, accecata da un’illusoria immagine di purezza che avevo calcato a forza su Michele. Vuoi che aveva 25 anni, vuoi che aveva la pelle così candida e delicata. Torno da Valencia e mi impegno in una accurata azione di intelligence sulla presenza social del nostro uomo (ragazzo, dai).

Ci vuole poco per capire chi si ha di fronte e non ce lo dirà l’immagine di copertina di Facebook nella maggior parte dei casi. Lo diranno i dettagli. Lo diranno i commenti, i like alle pagine, le amicizie, il tenore di queste amicizie, la tipologia di contenuti pubblicati. Ne ho raccontata una anche in Do ut des, ma a volte non basta neanche quello.  

Ora, il nostro eroe (sarcastico) era perennemente online, perennemente attivo su WhatsApp e Facebook con un’altissima quantità di amicizie nuove ogni giorno, anche da ragazze e ragazzi fuori dal confine italiano. Che vuoi che sia, un musicista folk, uno scienziato con entrature internazionali. Andiamo oltre, tra le amicizie più recenti e attive sul suo profilo una tizia molto giovane e molto intraprendente. Visito il suo profilo, tra leggerezze e porcate varie (perdonate il lessico), l’esternata volontà di aderire alla “Sagra del pompino” (sic).

Ora, cosa fosse questo evento, chi se ne fosse data la briga di organizzarlo, se rientrasse all’interno di qualche sagra del porno (magari gay?), perché fosse pubblicizzato su Facebook e come si svolgesse l’ameno ritiro lo ignoro.

Ma un solo singolo particolare aveva reso la misura di quanto poco fosse ingenuo e bamboccione (nel senso per me positivo del termine) Michele. Come si dice? Siamo la somma delle cinque persone che frequentiamo di più? Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei?

Insomma, è seguita una reazione di pancia non indifferente (per la serie: ci vedremo il vettordicesimo giorno in cui la luna piena girerà attorno alla terra nel momento esatto in cui il sole sarà sulla stessa traiettoria di Venere e Marte accoppiati selvaggiamente), della quale poi mi sono pentita, ma che era molto veritiera. 

Questo esempio non vi basta? La mia reazione è stata esagerata, troppo definitiva, cosmica, assoluta? Vi assicuro che i posteri me ne hanno dato ragione, anche perché con Michele abbiamo continuato a sentirci fino al 2017, anno in cui per preservarmi da ogni sua ulteriore azione folle (un mix di orbiting, breadcrumbing, benching, se avete altro aggiungete pure a piacimento) ho dovuto bloccarlo everywhere. 

Come quando Marco, con cui ci frequentiamo da sei mesi, in un momento di confronto su quel che eravamo si riferisce a me dicendo “sì perché adesso sto sentendo un’altra persona”. Cioè me, altra rispetto all’ex fidanzata, grandissimo amore, naufragato ufficiosamente, ma senza tutti i necessari crismi, benedizioni e scongiuri, due mesi prima del nostro incontro. E in quell'”altra” c’è tutta la prospettiva da cui guardi le cose, non quel noi che potevamo essere, ma quel noi, sicuramente più forte e definito, che eri con la persona che senti ancora come la tua fidanzata. Un’ALTRA che rivela tutto l’ALTRO che hai in testa quando stai con me. C’è ALTRO da aggiungere?

Legato al tema dei dettagli anche quello delle frasi usurate e dei cliché di cui parlerò asap.

Cosa mi porto dietro dal sogno? Un monito: squarcia il velo delle illusioni, guarda al dettaglio, per arrivare al cuore. Questo mi ha detto il sogno. Raccolgo e porto a casa. Grazie Michele, ancora tu, fonte di saggezza e ispirazione, nonostante tutto.

*°*°*°*°

Non lasciatemi sola a farneticare di dettagli, sogni, segni e trip mentali. Immagino non sia pratica comune l’interrogare i sogni ma a qualcun* di voi è capitato di avere un’illuminazione, badando a un particolare, prima trascurato?

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In home page: “Eyes wide shut”, Stanley Kubrick, 1999

  • Categoria dell'articolo:Racconti
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