DIALOGARE SU UNA DATING APP. ABBASSO I “COME VA?” E LO SMALL TALK

“Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone”. Nel mio sconfinato amore per le citazioni oggi voglio scomodare Eleanor Roosevelt, una tra le mie fonti di pillole di saggezza preferite. Perché scomodare cotanta donna?

Oggi torno a parlare di come gestire una conversazione su una dating app e in modo particolare delle domande, del fare domande, dell’interrogare il nostro interlocutore su una chat.

Betta: A che pro fare domande?

Sempre Betta: Per conoscere chi abbiamo dall’altra parte dello schermo?

Sì, ormai mi faccio domande e mi rispondo da sola (con altre domande). Effetti collaterali di troppe ore chiusa a casa in smart working.

Domande sì, ma quali?

dialogare su una dating app
Fuga dalla raffica di domande vacue (da “Tutti gli uomini del presidente”, Alan J. Pakula, 1976)

 

E allora via libera a:

Come va?

Dove vivi?

Oppure l’alternativa, per molti figa,

Da dove scrivi?

E poi:

Che fai?

Che fai nella vita?

Cosa hai fatto nel weekend?

Cosa stai facendo?

Che fai stasera?

Programmi per domani sera?

Hai visto che bel sole oggi?

Anche lì fa freddo?

Hobby?

Ecco. Una banale catena di domande cui seguono risposte asettiche, presto destinate a esaurimento (sia le domande che le risposte).

Non voglio essere drastica. Questo metodo improntato sullo small talk può andare benissimo. E a volte può consentire di procedere nella conversazione anche per (addirittura!) una settimana. Basta ripetere giorno dopo giorno le stesse domande, con variazioni minime. Come va? Tutto bene? Che fai? Programmi? Andata bene oggi al lavoro?

Si tratta di un metodo efficace per conoscere una persona? Tutto dipende da che persone siete e che persone avete davanti.

Portare avanti un’intervista

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Pronto, tutto bene? (da “Tutti gli uomini del presidente”, Alan J. Pakula, 1976)

 

Dal mio punto di vista questo approccio non paga. Divaghiamo. Vi faccio un esempio. Ci sono due modi a grandi linee per portare avanti un’intervista giornalistica.

Il primo è quello di avere una lista di domande e di porgerle una dopo l’altra al nostro intervistato. Addirittura il metodo meno dispendioso è quello di fargliele avere via mail e di attendere una risposta scritta. Facile, veloce, rassicurante anche, se vogliamo. Sappiamo cosa vogliamo chiedere, in qualche caso ci aspettiamo anche il tipo di risposta che potremo ottenere. Bene, abbiamo fatto il nostro compito.

Secondo metodo, alzo la cornetta del telefono (be’, dai, facciamo finta che ci sia ancora, quel gesto aveva un suo fascino), oppure clicco l’icona della cornetta sullo smartphone oppure ancora mi reco nel luogo dell’appuntamento e, sulla base di alcuni temi che sono di mio interesse, stimolo l’interlocutore, in questo caso intervistat*, affinché sputi il rospo. Ehm, no, non si tratta di un interrogatorio della polizia. Lo stimolo affinché mi racconti e si racconti.

Domande non preconfezionate ma che nascono spontanee dal fluire della conversazione, da un ascolto attivo, da una partecipazione al dialogo, da un interesse autentico. Una conversazione in cui ci lasciamo trasportare, pronti a cogliere ogni elemento che possa essere di interesse e a valorizzarlo. Certo, è un sistema time consuming, che ci mette di più in gioco, anche più aleatorio, se vogliamo.

Può capitare il caso non emerga nulla di interessante? Più unico che raro. Molto più spesso ci troveremo di fronte a materiale ottimo con tanti spunti che in altro modo non avremmo potuto ottenere. Ci troveremo a scoprire cose che con sole domande prestabilite e risposte forzate dentro una scaletta non avremmo scoperto.

Mettersi in ascolto per trovare l’inaspettato

dialogare su una chat
Dai, vediamo un po’ che intervista avete fatto… (da “Tutti gli uomini del presidente”, Alan J. Pakula, 1976)

 

Torniamo alla nostra chat. Eleviamoci dal susseguirsi di domande scontate, tutte uguali, che richiedono al nostro interlocutore risposte sempre uguali, che potrebbe dare a chiunque, facendo un veloce copia e incolla. Personalizziamo la conversazione, iniziando a mettere in luce di noi magari un aspetto personale, attraverso un piccolo racconto, un aneddoto. Se l’interlocutore è predisposto, se il match ‘funziona’ (per svariati motivi) la conversazione si svilupperà in modo spontaneo, di aggancio in aggancio, di riflessione in riflessione.

Non si tratta di parlare dei massimi sistemi, non siamo tutt* ingegner* aerospaziali o filosof* della scienza. Non si tratta di stupire con effetti speciali, frasi a effetto o eloqui spumeggianti, non siamo tutti art director e probabilmente il mondo sarebbe troppo flashante per i miei gusti se lo fossimo.

Si tratta di darsi un po’, di mettersi in gioco e in ascolto e di provare a stimolare il nostro interlocutore per fare emergere l’inaspettato. A uscire un po’ dalla logica della mente mediocre di cui parlava Roosevelt per entrare nell’ottica della mente grande.

Sei elementi per ottime conversazioni

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Sguardo agguerrito verso i prossimi match… (da “Tutti gli uomini del presidente”, Alan J. Pakula, 1976)

 

1) No ansia, sì apertura ed entusiasmo

Eh lo so, è una noia ricominciare ogni volta da zero con una nuova chat aperta o da aprire. Pensando di azzeccare la intro giusta, di fare la battuta azzeccata, di gettare la domanda che stimoli la reazione.

Niente ansia, lasciamo fluire pensieri e azioni. Come viene viene, ma senza procedere con il pilota automatico. Mostrare un interesse sincero per l’altra persona, aprirsi all’ascolto è la chance per fare domande con senso, per tirare fuori argomenti di potenziale interesse per entramb*, per scatenare interesse nella controparte.

2) No raffica di domande, sì punti di vista

Non è un’interrogazione o un interrogatorio, le domande servono a stimolare la conversazione e devono essere intercalate da pensieri, riflessioni, commenti, punti di vista.

3) No troppe domande chiuse o che prevedono risposte copia-incolla

Come stai?

Bene

Dove abiti?

Milano

Che lavoro fai?

Avvocata

Programmi per il weekend?

Divano

4) Argomenti da non toccare in modo diretto in una prima fase di conoscenza

Non farei domande dirette su salute, orientamento politico e religione. Tutti elementi che, se devono emergere, a un certo punto emergeranno in modo spontaneo.

5) Argomenti che è piacevole toccare

  • Serie, film, programmi tv
  • Sport
  • Cucina
  • Interessi legati alla professione
  • Caratteristiche luogo di origine o luogo di residenza

Nel tirare fuori uno di questi argomenti è utile partire e farsi ispirare dagli elementi presenti sul profilo.

6) Voglia di raccontarsi

Entrare in contatto con un’altra persona, se ce la sentiamo, prevede anche il fatto di raccontare episodi della propria vita personale, mostrare anche qualche lato debole, difetto, fragilità, trasmettere le proprie emozioni su fatti, persone, idee. Lo si può fare anche su una chat e vi assicuro che quando succede la qualità delle connessioni/interazioni è destinata a migliorare.

Non sto dicendo che dobbiamo darci a tutt* o svelare di noi cose che non vogliamo le altre persone sappiano. Sono io la prima a non farlo. Quello che vorrei passasse è la necessità di dosare, di aprire un po’ i rubinetti, poco per volta, perché se facciamo solo uscire le gocce dei “Dove vivi” e “Dove lavori” non andremo da nessuna parte.

Ho scritto di più su: Come avviare una conversazione su una chat, Rompere il ghiaccio su una chat, esempi da non emulare

E anche qui:

Sul gioco nella chat come strumento per creare interazioni più ricche: Giocando in chat si flirta e si impara

Sull’importanza della bio per offrire agganci alla conversazione: Presentarsi su una dating app: sì, come e perché

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Che tipo di conversazioni portate avanti solitamente? Quali sono le difficoltà maggiori che avete riscontrato nell’avviare e sviluppare un dialogo su una dating app?

Potete commentare qui sotto oppure via mail raccontami@storiedachat.it, sul canale Telegram Raccontami Storie da Chat , sul mio profilo Telegram @storiedachat o sulla pagina facebook @StoriedaChat.

Vi aspetto, a presto!

  • Categoria dell'articolo:Vita da Chat
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